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Gli spazi come attivatori di azioni collaborative e comunitarie

02 gennaio 2019 — 5 minuti di lettura

Ciao! Sono Laura Galluzzo, Assegnista di ricerca del Dipartimento di Design del Politecnico di Milano. Faccio parte del Polimi Desis Lab - Design for social Innovation and sustainability, e mi occupo in particolare di progetti di ricerca che trasformano gli spazi in luoghi di coesione e collaborazione sociale. Insegno come Docente a contratto presso la Scuola di Design del Politecnico nei Corsi di laurea in Design degli Interni e Product Service System Design.

Mi sono laureata al Politecnico in Design degli Interni, ho svolto qui il dottorato sempre a cavallo tra il design degli spazi e dei servizi, sul tema dell’abitare temporaneo, e ho realizzato il progetto dell’Expo Village 2015 dove sono state ospitate le delegazioni straniere che partecipavano ad Expo 2015.

Durante la mia formazione sono stati molto importanti i periodi che ho trascorso all’estero, negli Stati Uniti, al RISD come exchange student durante la laurea magistrale, e poi il tirocinio in uno studio di architettura di interni a Parigi e infine un periodo di ricerca a Londra presso la Middlesex University e a Delft durante il dottorato.

Queste esperienze internazionali mi hanno permesso di conoscere nuove realtà universitarie e di accrescere la mia curiosità, anche per questo mi trovo spesso a viaggiare per svolgere workshop, incontri ed esperienze diverse presso istituzioni straniere. Credo molto in questo genere di scambio, penso sia sempre un’occasione di crescita e formazione.

In questi anni mi sono occupata di diverse ricerche, in particolare vi parlerò di tre progetti che presentano gli spazi come attivatori di azioni collaborative.

Dal 2014 al 2016 ho lavorato per il progetto di ricerca CampUS, Incubazione e messa in scena di pratiche sociali, www.progettocampus.polimi.it un progetto di ricerca locale, finanziato dal Polisocial Award.

CampUS è un progetto di ricerca-azione del Politecnico di Milano con l’obiettivo di mettere in relazione gli spazi e le capacità presenti nei campus universitari con il territorio su cui si inseriscono: con un’applicazione specifica sul campus Bovisa Durando del Politecnico di Milano e la zona 9 del territorio comunale in cui è inserito.

Il progetto multidisciplinare, svolto insieme ai Dipartimenti DASTU e DIG del Politecnico, è composto da 4 diverse azioni, una sugli orti comunitari, una sulla social tv di quartiere, una sulla progettazione e realizzazione di un padiglione itinerante e un’ultima attività sull’individuazione di un modello di sostenibilità sociale per le tre precedenti azioni.

Mi sono occupata della realizzazione del primo work-package sugli orti comunitari il cui obiettivo principale è stato la costruzione delle linee guida per la progettazione e realizzazione di orti urbani condivisi in linea e a supporto di azioni esistenti promosse dalla municipalità. A partire dalle pratiche consolidate presso Coltivando, l’orto comunitario al Politecnico di Milano, abbiamo progettato e realizzato insieme ai cittadini, alle scuole e alle associazioni locali un orto di quartiere in Bovisasca e due orti didattici nelle scuole di Bovisa-Dergano.

Gli orti comunitari, oltre ad avere una funzione produttiva, trasformano degli spazi pubblici sotto-utilizzati in punti di ritrovo e occasioni di socialità.

E’ stato un percorso ricco di difficoltà e di complessità ma gli obiettivi pienamente raggiunti hanno portato ad un ulteriore risultato: il progetto CampUS infatti, coordinato da Davide Fassi, ha vinto proprio quest’anno il Compasso d’oro!

Sempre nel 2014 ho iniziato a collaborare alla terza edizione della ricerca Human Cities- Challenging the city scale, humancities.eu un progetto di ricerca europeo quadriennale finanziato dal Creative Europe Programme. Insieme ad altri 11 partner europei abbiamo esplorato il modo in cui gli abitanti re-inventano costantemente le città contemporanee, soprattutto tramite sperimentazioni dal basso che avvengono negli spazi urbani più diversi: parchi, piazze, strade, etc.

Questo tema è stato analizzato, testato, implementato attraverso la co-progettazione con cittadini e comunità locali su spazi pubblici delle 11 città coinvolte.

Noi in particolare abbiamo lavorato su una piazza nella periferia sud-ovest di Milano, chiamata La Piana. Abbiamo collaborato con Atir Teatro Ringhiera che aveva lì la sua sede, i cittadini e le associazioni di zona. Durante un workshop svolto con i partner europei e locali abbiamo realizzato una grande insegna con il nome del luogo, visto che non esisteva nessun cartello che riportasse il nome della piazza. Abbiamo iniziato a dare valore all’identità del luogo a partire dal nome stesso e abbiamo lasciato questa grande scritta come eredità tangibile della nostra azione.

Nell’ultimo anno ho anche lavorato ad un progetto in linea con la ricerca svolta durante il dottorato sull’Expo Village, sul tema dell’ospitalità. Si tratta di un progetto commissionato dall’Area Tecnico Edilizia e dall’Ufficio Residenze del Politecnico sulle residenze del Politecnico di Milano che ha l’obiettivo di migliorare la comunicazione e il servizio erogato agli studenti tramite anche la trasformazione degli spazi interni delle residenze. Il progetto è ambizioso e ha diversi livelli di intervento: la comunicazione istituzionale, la comunicazione spaziale, la comunicazione interna tra gli ospiti e la comunicazione verso l’esterno, con il coinvolgimento del quartiere dove si inserisce la residenza.

Come si può evincere dalle ricerche presentate, pur essendo caratterizzate da aspetti diversi, il fil rouge che le lega è la centralità della progettazione degli spazi come aspetto essenziale per creare un’occasione di scambio e convivialità. Che si tratti di un orto di quartiere o didattico, di una piazza, di un campus o di una residenza universitaria l’idea è che questi luoghi si possano trasformare in community hub, incubatori di pratiche sociali, centri di aggregazione della comunità locale e che vengano co-progettati e co-realizzati attraverso processi dal basso.

Un altro aspetto cruciale del nostro modus operandi e che emerge da queste ricerche è l’integrazione tra ricerca e didattica e quindi la collaborazione tra docenti, ricercatori e studenti insieme alle comunità locali, le associazioni, i cittadini e la pubblica amministrazione.

«L’aspetto che più apprezzo dei progetti di ricerca che portiamo avanti è la reale ricaduta sociale. L’idea che di solito si ha della ricerca è di qualcosa di astratto e teorico, le nostre ricerche invece hanno un impatto reale sulle comunità con cui si lavora.»

L’oggetto che ho portato con me è una noce. Non solo perché rimango sempre affascinata dalla perfezione delle forme naturali ma anche perché le noci sono state uno dei giochi preferiti di mio figlio nel suo primo anno di vita. Diego, infatti, mi ha fatto leggere questo frutto da un altro punto di vista, con un significato diverso, è stato per lui come la coperta di Linus e mi ha fatto riflettere su come a volte la vera innovazione nasca proprio da un cambio di prospettiva. Questo è quello che credo la ricerca debba avere come suo obiettivo.